"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". (Mt. 18,22)
Gesù con queste sue parole risponde a Pietro che, dopo aver  ascoltato cose meravigliose dalla sua bocca, gli ha posto questa  domanda: "Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca  contro di me? fino a sette volte?". E Gesù: "Non ti dico fino a sette,  ma fino a settanta volte sette".
Ma Gesù rispondendo: "…fino a settanta volte sette", dice che per lui il perdono deve essere illimitato: occorre perdonare sempre.
"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".
Questa Parola fa ricordare il canto biblico di Lamech, un discendente di  Adamo: "Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette" .  Così inizia il dilagare dell'odio nei rapporti fra gli uomini del mondo:  ingrossa come un fiume in piena.
 A questo dilagare del male, Gesù oppone il perdono senza limite, incondizionato, capace di rompere il cerchio della violenza.
 Il perdono è l'unica soluzione per arginare il disordine e aprire all'umanità un futuro che non sia l'autodistruzione.
"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".
Perdonare. Perdonare sempre. Il perdono non è dimenticanza che spesso  significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è  debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte  che l'ha commesso. Il perdono non consiste nell'affermare senza  importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male. 
 Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di  lucidità, quindi di libertà, che consiste nell'accogliere il fratello e  la sorella così com'è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio  accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste  nel non rispondere all'offesa con l'offesa, ma nel fare quanto Paolo  dice: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male" .
 Il perdono consiste nell'aprire a chi ti fa del torto la possibilità  d'un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di  ricominciare la vita, d'aver un avvenire in cui il male non abbia  l'ultima parola.
"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".
Come si farà allora a vivere questa Parola?
 Pietro aveva chiesto a Gesù: "Quante volte dovrò perdonare a mio fratello?".
 E Gesù, rispondendo, aveva di mira, dunque, soprattutto i rapporti fra cristiani, fra membri della stessa comunità.
 E' dunque prima di tutto con gli altri fratelli e sorelle nella fede che  bisogna comportarsi così: in famiglia, sul lavoro, a scuola o nella  comunità di cui si fa parte.
 Sappiamo quanto spesso si vuole compensare con un atto, con una parola corrispondente, l'offesa subita.
 Si sa come per diversità di carattere, o per nervosismo, o per altre  cause, le mancanze di amore sono frequenti fra persone che vivono  insieme. Ebbene, occorre ricordare che solo un atteggiamento di perdono,  sempre rinnovato, può mantenere la pace e l'unità tra fratelli.
 Ci sarà sempre la tendenza a pensare ai difetti delle sorelle e dei  fratelli, a ricordarsi del loro passato, a volerli diversi da come sono…  Occorre far l'abitudine a vederli con occhio nuovo e nuovi loro stessi,  accettandoli sempre, subito e fino in fondo, anche se non si pentono.
 Si dirà: "Ma ciò è difficile". Si capisce. Ma qui è il bello del  cristianesimo. Non per nulla siamo alla sequela di Cristo che, sulla  croce, ha chiesto perdono al Padre per coloro che gli avevano dato la  morte, ed è risorto.
 Coraggio. Iniziamo una vita così, che ci assicura una pace mai provata e tanta gioia sconosciuta.
 
 
Chiara Lubich
 
 
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