lunedì 26 dicembre 2011

E noi partiamo da Vicenza!

Ciaoo!!!
il ritrovo in birreria è andato bene no?
forse le distanze e il freddo ci hanno un po' ridimensionato il numero, MA C'ERAVAMO!

per aggiornare: si è parlato un po' di una festa di capodanno e di una giornata di pattinaggio sul ghiaccio.. tanto per conoscerci!
(anche quello è un obiettivo per migliorare il mondo no? :-P)
data e luogo sarà presto aggiornato!

..to be continued, ANOTHER WORLD IS POSSIBLE!
E noi partiamo da Vicenza!

lunedì 12 dicembre 2011

Venerdi 16 dicembre 2011

Udite Udite!

Venerdi 16 dicembre 2011, se passate per "La tana del luppolo" a Schio potrete trovare una banda di gentaglia pronta a inventarsi idee e progetti per migliorare il mondo che la circonda!
Si trovano in incognito, si mimetizzano con una birra in mano per non destare nell'occhio..

Sarà una cosa molto tranquilla tanto per vedere chi è pronto a metterci la faccia per migliorare qualcosa di Vicenza! ;)


Quindi siete tutti invitati a La tana del luppolo - via Maranese, 1 Schio


per chi vuole c'è la possibilità di fare meno macchine da Vicenza (zona dell'albera) chi è interessato si faccia avanti!

Vediamo quanti siamooo!!!

venerdì 9 dicembre 2011

..e tu cosa fai per cambiare il tuo mondo?

Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario, con una goccia d’acqua nel becco. "Cosa credi di fare?" gli chiese il leone. "Vado a spegnere l’incendio!" rispose il piccolo volatile. "Con una goccia d’acqua?" disse il leone con un sogghigno di irrisione. Ed il colibrì, proseguendo il volo, rispose: "Io faccio la mia parte."
(Favola Africana)

..e tu cosa fai per cambiare il tuo mondo?

Giovani per un Mondo Unito di Vicenza quest'anno ripartono alla grande con mille idee in pentola, mille progetti e mille sogni!
Siamo tutti in prima linea per impegnarci affondo in questo grande ideale: realizzare il mondo unito!
Ci impegnamo a tenere aggiornato questo blog con tutte le iniziative concrete che abbiamo in mente!

Parola di Vita dicembre

"Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!" (Lc 3,4)

In questo tempo d’Avvento, ecco una nuova “parola”, che siamo invitati a vivere. L’evangelista Luca la riprende da Isaia, il profeta della consolazione. Per i primi cristiani, essa va riferita a Giovanni il Battista, che ha preceduto Gesù.

E la Chiesa, in questo tempo che precede il Natale, presentando appunto il Precursore, ci invita alla gioia, perché il Battista è come un messaggero che annunzia il Re. Questi, infatti, sta per venire. E’ vicino il tempo in cui Dio compie le sue promesse, perdona i peccati, dona la salvezza.

“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”

Ma se questa è parola di gioia, è anche un invito ad un nuovo orientamento di tutta la nostra esistenza, ad un cambiamento radicale della vita.

Il Battista invita a preparare la strada del Signore. Ma qual è questa strada?

Gesù, annunziato dal Battista, prima d’uscire a vita pubblica per iniziare la sua predicazione, è passato per il deserto. Questa la sua strada. E nel deserto, se ha trovato la profonda intimità col Padre suo, ha incontrato anche le tentazioni, facendosi solidale così con tutti gli uomini. E ne è uscito vincitore. E’ la stessa strada che ritroviamo poi nella sua morte e resurrezione. Avendo Gesù percorso la sua strada sino in fondo, diventa egli stesso “via” per noi che siamo in cammino.

E’ lui stesso la via per la quale dobbiamo incamminarci per poter realizzare sino in fondo la nostra vocazione umana, che è entrare nella piena comunione con Dio.

Ognuno di noi è chiamato a preparare la via a Gesù, che vuole entrare nella nostra vita. Occorre, allora, raddrizzare i sentieri della nostra esistenza, perché egli possa venire in noi.

Bisogna preparargli la strada, togliendo gli ostacoli ad uno ad uno: quelli posti dal nostro modo limitato di vedere, dalla nostra volontà debole.

Occorre avere il coraggio di scegliere fra una nostra strada e la sua per noi, fra la nostra volontà e la sua volontà, fra un programma voluto da noi e quello pensato dal suo amore onnipotente.

E una volta presa questa decisione, lavorare per adeguare la nostra volontà recalcitrante alla sua.

Come? I cristiani realizzati insegnano un metodo buono, pratico, intelligente: ora, adesso.

Nel momento, togliere sasso dopo sasso perché non più la nostra volontà viva in noi, ma la sua.

Avremo così vissuto la Parola:

“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”

Chiara Lubich

giovedì 17 novembre 2011

Estate 2011, Scicli (RG)

Aggiornamento dell' Estate 2011 di alcuni GMU sparsi per il veneto (tra cui 2 vicentine)

Quest'estate, a Scicli (RG), è accaduto qualcosa di veramente speciale. In tredici, tra GMU e nostri amici, abbiamo avuto modo di passare una vacanza davvero unica e inaspettata. La proposta di organizzare un campo di volontariato per seguire la colonia estiva del Centro Diurno per minori in difficoltà del Comune di Scicli, arriva questa primavera. Suor Lucinda, la responsabile del Centro, quando la contattiamo è subito commossa, “Quest'estate sarei stata da sola!” ci dice. Ciò che le proponiamo sembra cadere a pennello!
A questo punto, bisogna incominciare a pensare un po' di cose, quindi iniziamo a vederci a Padova per diverse settimane. Grazie all'aiuto di persone speciali che ci permettono di trovare e usare due pulmini 9 posti, riusciamo a risolvere diversi problemi legati al trasporto dei bambini. Il centro dove abbiamo svolto le attività è il convento del “Rosario” dove vivono tre suore che accolgono circa 35 bambini con difficoltà familiari di vario genere.

Le attività al Centro ci hanno letteralmente travolto. Ogni giorno si partiva al mattino per il giro coi pulmini, li si andava a prendere a casa, e poi subito al Centro a fare colazione e a mettere su i costumi per il mare. Verso le undici eravamo catapultati in spiaggia, poi di nuovo al Centro dove si pranzava e si passava il pomeriggio insieme, giocando fino alla merenda, dopo di che di nuovo tutti sui pulmini per tornare a casa. I ritmi intensi, i giochi, il mare, i sorrisi e i pianti dei bambini, sembravano dover abbatterci nel giro di pochi giorni, invece continuavamo a trovare le energie. Quando eravamo lì con loro sembrava di stare in paradiso, loro dimenticavano i problemi a casa, e noi dimenticavamo il nostro ruolo. I bambini sebbene alcuni molto piccoli (dai 5 ai 13 anni) si rendono conto della grande possibilità che il centro è per loro, Suor Lucinda (la suora che si occupa principalmente dei bambini) è molto rispettata da ognuno e ha sempre insegnato i valori della famiglia. Essi infatti vivono tra loro come una vera e propria famiglia, sono molto protettivi; ed è molto raro che si prendano in giro perché si amano tutti reciprocamente. Il vederli sorridere e giocare così senza far pesare a nessuno i loro problemi ci ha fatto riflettere molto. I loro genitori sono spesso persone irresponsabili che non si prendono cura di loro ma li lasciano nelle piazzette malfamate di quartiere o per strada a giocare rischiando spesso che si imbattano in gruppi di ragazzi più grandi che li trascinano in situazioni di delinquenza. Mamme che abbandonate dal marito in carcere, separate o vedove si danno alla vita più leggera e disordinata piuttosto che farsi trovare a casa la sera quando i figli ritornano dal centro.

Un bambino normale desidera tornare a casa la sera e trovare un sorriso, un bacio, un piatto caldo; invece trovano la casa vuota o la mamma con un uomo diverso o un padre alcolizzato che non li degna di un saluto. Un lavoro educativo inimmaginabile compiono queste suore: li coccolano, li fanno sentire amati, protetti, li contengono nei momenti di rabbia, li fanno mangiare il più possibile cose squisite che a loro piacciono, sapendo che al loro ritorno a casa molti non trovano da mangiare.
Abbiamo capito che per loro, solo il fatto che li si vada a trovare, che conoscano qualcuno di nuovo, che li vuol veramente bene, che gli dedichi tempo e attenzione, è il massimo che desiderano. Sono stati giorni stupendi, che ci hanno aperto il cuore e gli occhi, che hanno fatto crescere sia loro che noi. Quest'estate è rimasta scavata sulla nostra pelle, e i bambini non la dimenticheranno. Il distacco da loro, ci ha imposto una riflessione sulla continuità di questo progetto appena nato. Da parte nostra c'è di sicuro la volontà di garantire per quanto possibile, una continuità a queste attività.
Tutto questo ci ha solo dato certezze che: un mondo più unito è davvero possibile!


Questa esperienza ci ha riportato all’essenziale, ad apprezzare ciò che si ha non solo materialmente ma anche e soprattutto l’affetto di una famiglia che si prenda cura di te.

..to be continued.. con attività concrete per aiutare a far crescere questo progetto!

GMU di Vicenza

domenica 2 ottobre 2011

Parola di vita di ottobre

Ottobre 2011

"Seguimi" (Mt 9,9)

Mentre usciva da Cafarnao, Gesù vide un esattore delle tasse di nome Matteo seduto al banco delle imposte. Matteo stava esercitando un mestiere che lo rendeva odioso alla gente e lo accomunava agli usurai e agli sfruttatori che si arricchiscono alle spalle degli altri. Gli scribi e i farisei lo mettevano sullo stesso piano dei pubblici peccatori, tanto da rimproverare a Gesù di essere “amico di gabellieri e peccatori” e di mangiare insieme a loro[2].

Gesù, andando contro ogni convenzione sociale, chiamò Matteo a seguirlo ed accettò di andare a pranzo a casa sua, così come farà più tardi con Zaccheo, il capo dei gabellieri di Gerico. Richiesto di spiegare questo suo atteggiamento, Gesù dirà che egli è venuto a curare i malati, non i sani e a chiamare non i giusti, ma i peccatori. Il suo invito, anche questa volta, era indirizzato proprio ad uno di loro:

"Seguimi"

Questa parola Gesù l’aveva già rivolta ad Andrea, Pietro, Giacomo e Giovanni sulle rive del lago. Lo stesso invito, con parole diverse, lo indirizzò a Paolo sulla strada di Damasco.

Ma Gesù non si è fermato lì; lungo i secoli egli ha continuato a chiamare a sé uomini e donne di ogni popolo e nazione. Lo fa anche oggi: passa nella nostra vita, ci incontra in luoghi diversi, in modi diversi, e ci fa sentire nuovamente il suo invito a seguirlo.

Ci chiama a stare con Lui perché vuole instaurare un rapporto personale, e nello stesso tempo ci invita a collaborare con Lui al grande disegno di un’umanità nuova.

Non gli importano le nostre debolezze, i nostri peccati, le nostre miserie. Lui ci ama e ci sceglie così come siamo. Sarà il suo amore a trasformarci e a darci la forza di rispondergli e il coraggio di seguirlo come ha fatto Matteo.

E per ognuno ha un amore, un progetto di vita, una chiamata particolari. Lo si avverte in cuore attraverso un’ispirazione dello Spirito Santo o attraverso determinate circostanze o un consiglio, un’indicazione di chi ci vuol bene… Pur manifestandosi nei modi più diversi, riecheggia la medesima parola:

"Seguimi"

Ricordo quando anch’io ho avvertito questa chiamata di Dio.

Era una freddissima mattina d’inverno a Trento. La mamma chiede a mia sorella più piccola di andare a prendere il latte a due chilometri da casa, ma fa troppo freddo e lei non se la sente; anche l’altra sorella si rifiuta. Allora mi faccio avanti: “Vado io, mamma”, le dico, e prendo la bottiglia. Esco di casa e a metà strada succede un fatto un po’ particolare: mi sembra quasi che il Cielo si apra e Dio mi inviti a seguirlo. “Datti tutta a me”, avverto nel cuore.

Era la chiamata esplicita a cui ho desiderato rispondere subito. Ne ho parlato con il confessore che mi ha permesso di donarmi a Dio per sempre. Era il 7 dicembre ’43; non mi sarà mai possibile descrivere ciò che mi è passato nel cuore quel giorno: avevo sposato Dio. Potevo aspettarmi ogni cosa da Lui.

"Seguimi"

Questa parola non riguarda soltanto il momento determinante della scelta della nostra vita, Gesù continua a rivolgercela ogni giorno. “Seguimi”, sembra suggerirci davanti ai più semplici doveri quotidiani; “seguimi” in quella prova da abbracciare, in quella tentazione da superare, in quel servizio da compiere…

Come rispondergli concretamente?

Facendo ciò che Dio vuole da noi nel presente, che porta sempre in sé una grazia particolare.

L’impegno di questo mese sarà dunque darsi alla volontà di Dio con decisione; darsi al fratello e alla sorella che dobbiamo amare, al lavoro, allo studio, alla preghiera, al riposo, all’attività che dobbiamo compiere.

Imparare ad ascoltare nel profondo del cuore la voce di Dio che parla anche con la voce della coscienza: ci dirà quello che Egli vuole da noi in ogni momento, pronti a sacrificare tutto per attuarlo.

“Dacci d’amarTi, o Dio, non solo ogni giorno di più, perché possono essere troppo pochi i giorni che ci restano; ma dacci d’amarTi in ogni attimo presente con tutto il cuore, l’anima e le forze in quella che è la Tua volontà”.

È questo il sistema migliore per seguire Gesù.

Chiara Lubich


[1] Parola di vita, giugno 2005, pubblicata in Città Nuova, 2005/10, p.7.

[2] Cf Mt 11,19; 9,10-11.

martedì 27 settembre 2011

Parola di vita di settembre

Settembre 2010


“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.” (Lc 15,32)

Questa frase si trova alla fine della parabola chiamata del figlio prodigo, che certamente conoscerai, e vuole manifestarci la grandezza della misericordia di Dio. Essa chiude un intero capitolo del Vangelo di Luca, nel quale Gesù narra altre due parabole per illustrare lo stesso argomento.

Ricordi l’episodio della pecora smarrita per cercare la quale il padrone lascia le altre novantanove nel deserto?[2]

E ricordi il racconto della dramma perduta e la gioia della donna che, avendola ritrovata, chiama le amiche e le vicine perché gioiscano con lei?[3]

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

Queste parole sono un invito che Dio rivolge a te, e a tutti i cristiani, a godere insieme con lui, a far festa e a partecipare alla sua gioia per il ritorno dell’uomo peccatore prima perduto e poi ritrovato. E queste parole, nella parabola, sono rivolte dal padre al figlio maggiore che aveva condiviso tutta la sua vita, ma che dopo un giorno di duro lavoro, rifiuta di entrare a casa dove si festeggia il ritorno di suo fratello.

Il padre va incontro al figlio fedele, come è andato incontro al figlio perduto, e cerca di convincerlo. Ma è palese il contrasto fra i sentimenti del padre e quelli del figlio maggiore: il padre, con il suo amore senza misura e con la sua grande gioia, che vorrebbe tutti condividessero; il figlio pieno di disprezzo e di gelosia verso suo fratello che non riconosce più come tale. Parlando di lui dice infatti: “Questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi”.[4]

L’amore e la gioia del padre per il figlio tornato, mettono ancor più in rilievo il rancore dell’altro, rancore che palesa un rapporto freddo e, si potrebbe dire, falso con lo stesso padre. A questo figlio preme il lavoro, il compimento del suo dovere, ma non ama il padre da figlio. Si direbbe piuttosto che obbedisce a lui come ad un padrone.

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

Con queste parole Gesù denuncia un pericolo in cui anche tu puoi incorrere: quello di una vita vissuta per essere una persona perbene, basata sulla ricerca della tua perfezione, giudicando i fratelli meno bravi di te. Infatti, se tu sei “attaccato” alla perfezione, costruisci te stesso, ti riempi di te stesso, sei pieno di ammirazione verso te stesso. Fai come il figlio rimasto a casa, che enumera al padre i suoi buoni meriti: “Io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando”.[5]

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

Con queste parole Gesù va contro quell’atteggiamento per cui il rapporto con Dio sarebbe basato solo sull’osservanza dei comandamenti. Ma una tale osservanza non basta. Di questo anche la tradizione ebraica è ben conscia.

In questa parabola Gesù mette in luce l’Amore divino facendo vedere come Dio, che è Amore, fa il primo passo verso l’uomo senza tener conto se egli lo meriti o no, ma vuole che l’uomo si apra a lui per poter stabilire un’autentica comunione di vita. Naturalmente, come puoi capire, l’ostacolo maggiore a Dio-Amore è proprio la vita di coloro che accumulano azioni, opere, mentre Dio vorrebbe il loro cuore.

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”

Con queste parole Gesù invita te ad avere, nei confronti del peccatore, lo stesso amore senza misura che il Padre ha per lui. Gesù ti chiama a non giudicare secondo la tua misura l’amore che il Padre ha per qualsiasi persona. Invitando il figlio maggiore a condividere la sua gioia per il figlio ritrovato, il Padre chiede anche a te un cambiamento di mentalità: devi in pratica accogliere come fratelli e sorelle anche quegli uomini e donne verso i quali nutriresti soltanto sentimenti di disprezzo e di superiorità. Ciò provocherà in te una vera conversione, perché ti purifica dalla convinzione di essere più bravo, ti fa evitare l’intolleranza religiosa e ti fa accogliere la salvezza, che Gesù ti ha procurato, come puro dono dell’amore di Dio.

Chiara Lubich


[1] Parola di vita, marzo 2001, pubblicata in Città Nuova 2001/4, p.7.

[2] Cf Lc 15, 4-7.

[3] Cf Lc 15,8-10.

[4] Lc 15,30.

[5] Lc 15,29.

lunedì 22 agosto 2011

Parola di vita di agosto 2011

"Ecco, io vengo a fare la tua volontà" (Eb 10,9)

È, questo, un versetto del Salmo 40, che l’autore della lettera agli Ebrei mette sulle labbra del Figlio di Dio in dialogo con il Padre. L’autore vuole sottolineare in questo modo l’amore con il quale il Figlio di Dio si è fatto uomo per compiere l’opera della redenzione in obbedienza alla volontà del Padre.

Queste parole fanno parte di un contesto nel quale l’autore vuole dimostrare l’infinita superiorità del sacrificio di Gesù rispetto ai sacrifici dell’antica Legge. A differenza di questi ultimi, nei quali venivano offerti a Dio come vittime di animali o, comunque, cose esterne all’uomo, Gesù, spinto da un immenso amore, durante la sua vita terrena ha offerto al Padre la propria volontà, tutto se stesso.

“Ecco, io vengo a fare la tua volontà”

Questa Parola ci offre la chiave di lettura della vita di Gesù, aiutandoci a coglierne l’aspetto più profondo ed il filo d’oro che lega tutte le tappe della sua esistenza terrena: la sua infanzia, la sua vita nascosta, le tentazioni, le sue scelte, la sua attività pubblica, fino alla morte sulla croce. In ogni istante, in ogni situazione Gesù ha cercato una cosa sola: compiere la volontà del Padre; e l’ha compiuta in modo radicale, non facendo nulla fuori di essa e rifiutando anche le proposte più suggestive che non fossero in pieno accordo con quella volontà.

Ecco, io vengo a fare la tua volontà”

Questa Parola ci fa comprendere la grande lezione a cui mirava tutta la vita di Gesù. E cioè che la cosa più importante è il compiere non già la nostra, ma la volontà del Padre; renderci capaci di dire di no a noi stessi per dire di sì a Lui.

Il vero amore a Dio non consiste nelle belle parole, idee e sentimenti, ma nell’obbedienza effettiva ai suoi comandamenti. Il sacrificio di lode, che Egli si aspetta da noi, è l’offerta amorosa fatta a Lui di ciò che abbiamo di più intimo, di ciò che più ci appartiene: la nostra volontà.

“Ecco, io vengo a fare la tua volontà”

Come vivremo allora la Parola di Vita di questo mese? Anche questa è una delle parole che mette più in evidenza l’aspetto controcorrente del Vangelo, in quanto si contrappone alla nostra tendenza più radicata: cercare la nostra volontà, seguire i nostri istinti, i nostri sentimenti.

Questa Parola è anche una delle più urtanti per l’uomo moderno. Viviamo nell’epoca dell’esaltazione dell’io, dell’autonomia della persona, della libertà come fine a se stessa, dell’autosoddisfazione come realizzazione dell’individuo, del piacere considerato come il criterio delle proprie scelte ed il segreto della felicità. Ma conosciamo anche le conseguenze disastrose a cui questa cultura conduce.

Orbene, a questa cultura fondata sulla ricerca della propria volontà, si contrappone quella di Gesù, totalmente orientata al compimento della volontà di Dio, con gli effetti meravigliosi che Egli ci assicura.

Cercheremo allora di vivere la Parola di questo mese scegliendo anche noi la volontà del Padre, facendone cioè, come ha fatto Gesù, la norma ed il movente di tutta la nostra vita.

Ci avventureremo verso una divina avventura di cui saremo eternamente grati a Dio. Per essa ci faremo santi e irradieremo l’amore di Dio in molti cuori.

Chiara Lubich


Parola di vita, dicembre 1991, pubblicata in Città Nuova, 1991/22, p.34-35.

Parola di vita di luglio 2011

"Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole" (Mt 26,41)

Queste sono parole che Gesù, durante l’agonia nel Getsemani, ha rivolto a Pietro, Giacomo e Giovanni quando li ha visti sopraffatti dal sonno. Egli aveva preso con sé questi tre apostoli – gli stessi che erano stati testimoni della sua trasfigurazione sul monte Tabor – perché gli fossero vicini in questo momento così difficile e si preparassero con la preghiera assieme a Lui, giacché quanto stava per accadere sarebbe stato una prova terribile anche per loro.

“Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.

Queste parole – lette alla luce delle circostanze in cui sono state pronunciate – prima ancora che una raccomandazione rivolta da Gesù ai discepoli, occorre vederle come un riflesso del suo stato d’animo, cioè del modo con cui Egli si prepara alla prova. Di fronte alla passione imminente, Egli prega, con tutte le forze del suo spirito, lotta contro la paura e l’orrore della morte, si getta nell’amore del Padre per essere fedele fino in fondo alla sua volontà ed aiuta i suoi apostoli a fare altrettanto.

Gesù qui ci appare come il modello per chi deve affrontare la prova e, nello stesso tempo, il fratello che si mette al nostro fianco in quel difficile momento.

“Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.

L’esortazione alla vigilanza ricorre spesso sulle labbra di Gesù. Vigilare per Lui vuol dire non lasciarsi mai vincere dal sonno spirituale, tenersi sempre pronti ad andare incontro alla volontà di Dio, saperne cogliere i segni nella vita di ogni giorno, soprattutto saper leggere le difficoltà e le sofferenze alla luce dell’amore di Dio.

E la vigilanza è inseparabile dalla preghiera, perché la preghiera è indispensabile per vincere la prova. La fragilità connaturale all’uomo (“la debolezza della carne”) può essere superata mediante quella forza che viene dallo Spirito.

“Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.

Come vivere allora la Parola di vita di questo mese?

Anche noi dobbiamo mettere in programma l’incontrop con la prova: piccole, grandi prove che s’incontrano ogni giorno. Prove normali, prove classiche in cui chi è cristiano non può un giorno o l’altro non imbattersi. Ora, la prima condizione per superare la prova, ogni prova – ci avverte Gesù – è la vigilanza. Si tratta di saper discernere, di rendersi conto che sono prove permesse da Dio non già perché ci scoraggiamo, ma perché, superandole, maturiamo spiritualmente.

E contemporaneamente dobbiamo pregare. E’ necessaria la preghiera perché due sono le tentazioni a cui siamo maggiormente esposti in questi momenti: da un lato la presunzione di cavarcela da soli; dall’altro il sentimento opposto, cioè il timore di non farcela, quasicché la prova sia superiore alle nostre forze. Gesù, invece, ci assicura che il Padre celeste non ci lascerà mancare la forza dello Spirito Santo, se vigiliamo e glielo chiediamo con fede.

Chiara Lubich

Parola di vita, aprile 1990, pubblicata in Città Nuova, 1990/6, p. 9.

giovedì 9 giugno 2011

Parola di vita di giugno

“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2)

Ci troviamo nella seconda parte della lettera di san Paolo ai Romani, dove l’apostolo ci descrive l’agire cristiano come espressione della nuova vita, del vero amore, della vera gioia, della vera libertà, che Cristo ci ha donato; è la vita cristiana come nuovo modo di affrontare, con la luce e la forza dello Spirito Santo, i vari compiti e problemi di fronte ai quali possiamo venirci a trovare.

In questo versetto, strettamente legato al precedente, l’apostolo enuncia lo scopo e l’atteggiamento di fondo che dovrebbero caratterizzare ogni nostro comportamento: fare della nostra vita una lode a Dio, un atto di amore disteso nel tempo, nella costante ricerca della sua volontà, di ciò che gli è più gradito.

“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”.

E’ evidente che, per compiere la volontà di Dio, occorre innanzitutto conoscerla. Ma, ci lascia capire l’apostolo, questo non è facile. Non è possibile conoscere bene la volontà di Dio senza una luce particolare, la quale ci aiuti a discernere nelle varie situazioni quello che Dio vuole da noi, evitando le illusioni e gli errori in cui potremmo facilmente cadere.

Si tratta di quel dono dello Spirito Santo, che si chiama “discernimento” e che è indispensabile per costruire in noi un’autentica mentalità cristiana.

“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”.

Ma come acquistare e sviluppare in noi questo dono così importante? Senza dubbio si richiede da parte nostra una buona conoscenza della dottrina cristiana. Ma non basta. Come ci suggerisce l’apostolo, è soprattutto una questione di vita; è una questione di generosità, di slancio nel vivere la parola di Gesù, mettendo da parte le paure, le incertezze e i calcoli mediocri. E’ una questione di disponibilità e di prontezza a compiere la volontà di Dio. E’ questa la via per avere la luce dello Spirito Santo e costruire in noi la nuova mentalità che qui ci viene chiesta.

“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”.

Come vivremo allora la Parola di Vita di questo mese? Cercando di meritare anche noi quella luce che è necessaria per compiere bene la volontà di Dio.

Ci proporremo allora di conoscere sempre meglio la sua volontà così come ci viene espressa dalla sua Parola, dagli insegnamenti della Chiesa, dai doveri del nostro stato, ecc.

Ma soprattutto punteremo sulla vita, giacché, come si è appena visto, è dalla vita, è dall’amore che scaturisce la vera luce. Gesù si manifesta a chi lo ama, mettendo in pratica i suoi comandamenti (cf Gv 14,21).

Riusciremo così a compiere la volontà di Dio come il dono più bello che gli possiamo offrire. E questo gli sarà gradito non soltanto per l’amore che potrà esprimere, ma anche per la luce ed i frutti di rinnovamento cristiano che susciterà attorno a noi.

Chiara Lubich

mercoledì 11 maggio 2011

Parola di vita di maggio

“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Mt 22,37).

Il dibattito su quale fosse il primo tra i tanti comandamenti delle Scritture era un tema classico che le scuole rabbiniche si ponevano al tempo di Gesù. Gesù, considerato un maestro, non elude la domanda che gli viene posta in proposito: “Qual è il più grande comandamento della legge?”. Egli risponde in maniera originale, unendo amore di Dio e amore del prossimo. I suoi discepoli non possono mai disgiungere questi due amori, come in un albero non si possono separare le radici dalla chioma: più amano Dio, più intensificano l’amore ai fratelli e alle sorelle; più amano i fratelli e le sorelle, più approfondiscono l’amore per Dio.

Gesù sa, come nessun altro, chi è Dio che dobbiamo amare e sa come debba essere amato: è il Padre suo e Padre nostro, Dio suo e Dio nostro (cf Gv 20,17). È un Dio che ama ciascuno personalmente; ama me, ama te: è il mio Dio, il tuo Dio (“Amerai il Signore Dio tuo”).

E noi possiamo amarlo perché ci ha amato per primo: l’amore che ci è comandato è, dunque, una risposta all’Amore. Possiamo rivolgerci a Lui con la stessa confidenza e fiducia che aveva Gesù quando lo chiamava Abbà, Padre. Anche noi, come Gesù, possiamo parlare spesso con Lui, esponendogli tutte le nostre necessità, i propositi, i progetti, ridicendogli il nostro amore esclusivo. Anche noi vogliamo attendere con impazienza che arrivi il momento per metterci in contatto profondo con Lui mediante la preghiera, che è dialogo, comunione, intenso rapporto d’amicizia. In quei momenti possiamo dare sfogo al nostro amore: adorarlo al di là del creato, glorificarlo presente ovunque nell’universo intero, lodarlo nel fondo del nostro cuore o vivo nei tabernacoli, pensarlo lì dove siamo, nella stanza, al lavoro, nell’ufficio, mentre ci troviamo con gli altri…

“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.”

Gesù ci insegna anche un altro modo d’amare il Signore Dio. Per Gesù amare ha significato compiere la volontà del Padre, mettendo a disposizione la mente, il cuore, le energie, la vita stessa: si è dato tutto al progetto che il Padre aveva su di Lui. Il Vangelo ce lo mostra sempre e totalmente rivolto verso il Padre (cf Gv 1,18), sempre nel Padre, sempre intento a dire solo quello che aveva udito dal Padre, a compiere solo quanto il Padre gli aveva detto di fare. Anche a noi chiede lo stesso: amare significa fare la volontà dell’Amato, senza mezze misure, con tutto il nostro essere: “con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Perché l’amore non è un sentimento soltanto. “Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?” (Lc 6,46), domanda Gesù a chi ama soltanto a parole.

“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.”


Come vivere allora questo comando di Gesù? Intrattenendo senz’altro con Dio un rapporto filiale e di amicizia, ma soprattutto facendo quello che Lui vuole. Il nostro atteggiamento verso Dio, come quello di Gesù, sarà essere sempre rivolti verso il Padre, in ascolto di Lui, in obbedienza, per compiere la sua opera, solo quella e non altro.

Ci è chiesta, in questo, la più grande radicalità, perché a Dio non si può dare meno di tutto: tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente. E ciò significa fare bene, per intero, quell’azione che Lui ci chiede.

Per vivere la sua volontà e uniformarsi ad essa, spesso occorrerà bruciare la nostra, sacrificando tutto ciò che abbiamo in cuore o nella mente, che non riguarda il presente. Può essere un’idea, un sentimento, un pensiero, un desiderio, un ricordo, una cosa, una persona…

E così eccoci tutti lì in quanto ci viene domandato nell’attimo presente. Parlare, telefonare, ascoltare, aiutare, studiare, pregare, mangiare, dormire, vivere la sua volontà senza divagare; fare azioni intere, pulite, perfette, con tutto il cuore, l’anima, la mente; avere come unico movente di ogni nostra azione l’amore, così da poter dire, in ogni momento della giornata: “Sì, mio Dio, in quest’attimo, in quest’azione t’ho amato con tutto il cuore, con tutta me stessa”. Solo così potremo dire che amiamo Dio, che contraccambiamo il suo essere Amore nei nostri confronti.

“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.”


Per vivere questa Parola di vita sarà utile, di tempo in tempo, analizzare noi stessi per vedere se Dio è veramente al primo posto nella nostra anima.

E allora, per concludere, cosa dobbiamo fare in questo mese? Scegliere nuovamente Dio come unico ideale, come il tutto della nostra vita, rimettendolo al primo posto, vivendo con perfezione la sua volontà nell’attimo presente. Dobbiamo potergli dire con sincerità: “Mio Dio e mio tutto”, “Ti amo”, “Sono tutta tua”, “Sei Dio, sei il mio Dio, il nostro Dio d’amore infinito!”.

Chiara Lubich


venerdì 8 aprile 2011

Parola di vita di aprile

"Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu" (Mc 14,36)

Gesù è nell’orto degli ulivi, il podere chiamato Getsemani. L’ora tanto attesa è arrivata. È il momento cruciale di tutta la sua esistenza. Si prostra a terra e supplica Dio, chiamandolo “Padre” con confidente tenerezza, perché gli risparmi di “bere il calice”, un’espressione che si riferisce alla sua passione e morte. Lo prega che quell’ora passi… Ma alla fine Gesù si rimette completamente alla sua volontà:

"Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu"

Gesù sa che la sua passione non è un evento fortuito, né semplicemente una decisione degli uomini, ma un disegno di Dio. Sarà processato e rifiutato dagli uomini, ma il “calice” viene dalle mani di Dio.

Gesù ci insegna che il Padre ha un suo disegno d’amore su ciascuno di noi, ci ama di amore personale e, se crediamo a questo amore e se corrispondiamo col nostro amore – ecco la condizione -, egli fa finalizzare ogni cosa al bene. Per Gesù nulla è successo a caso, neppure la passione e la morte.

E poi ci fu la Risurrezione, la cui solenne festa celebriamo in questo mese.

L’esempio di Gesù, Risorto, deve essere di luce per la nostra vita. Tutto quanto arriva, quanto succede, quello che ci circonda e anche tutto quanto ci fa soffrire dobbiamo saperlo leggere come volontà di Dio che ci ama o una permissione di lui che ancora ci ama. Allora tutto avrà senso nella vita, tutto sarà estremamente utile, anche quello che sul momento ci pare incomprensibile e assurdo, anche quello che, come per Gesù, può farci piombare in un’angoscia mortale. Basterà che, insieme a lui, sappiamo ripetere, con un atto di totale fiducia nell’amore del Padre:

"Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu"

La sua volontà è vivere, ringraziarlo con gioia dei doni della vita, ma a volte non è certamente quella che si pensa: un obiettivo di fronte al quale rassegnarsi, specie quando ci si imbatte nel dolore, né un susseguirsi di atti monotoni disseminati nella nostra esistenza.

La volontà di Dio è la sua voce che continuamente ci parla e ci invita, è il modo con cui egli ci esprime il suo amore, per darci la sua pienezza di Vita.

Potremmo rappresentarcela con l’immagine del sole i cui raggi sono come la sua volontà su ciascuno di noi. Ognuno cammina su un raggio, distinto dal raggio di chi ci è accanto, ma pur sempre su un raggio di sole, cioè sulla volontà di Dio. Tutti, dunque, facciamo una sola volontà, quella di Dio, ma per ognuno essa è diversa. I raggi poi, quanto più si avvicinano al sole, tanto più si avvicinano tra di loro. Anche noi, quanto più ci avviciniamo a Dio, con l’adempimento sempre più perfetto della divina volontà, tanto più ci avviciniamo fra noi… finché tutti saremo uno.

Vivendo così, nella nostra vita ogni cosa può cambiare. Anziché andare da chi piace a noi e amare solo quelli, possiamo avvicinare tutti coloro che la volontà di Dio ci mette accanto. Anziché preferire le cose che più ci piacciono, possiamo attendere a quelle che la volontà di Dio ci suggerisce e preferirle. L’essere tutti proiettati nella divina volontà di quell’attimo (“ciò che vuoi tu”) ci porterà di conseguenza al distacco da tutte le cose e dal nostro io (“non ciò che io voglio”), distacco non tanto cercato di proposito, perché si cerca Dio solo, ma trovato di fatto. Allora la gioia sarà piena. Basta inabissarci nel momento che passa ed adempiere in quell’attimo la volontà di Dio, ripetendo:

"Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu"

Il momento passato non è più; quello futuro non è ancora in nostro possesso. È come un viaggiatore in treno: per arrivare alla mèta non cammina avanti e indietro, ma sta seduto al suo posto. Così dobbiamo star fermi nel presente. Il treno del tempo cammina da sé. Dio lo possiamo amare soltanto nel presente che ci è dato, pronunciando il proprio “sì” fortissimo, totalitario, attivissimo alla sua volontà.

Amiamo dunque quel sorriso da donare, quel lavoro da svolgere, quella macchina da guidare, quel pasto da preparare, quell’attività da organizzare, chi soffre accanto a noi.

Neppure la prova o il dolore deve farci paura se, con Gesù, sapremo riconoscervi la volontà Dio, ossia il suo amore per ognuno di noi. Anzi, potremo pregare così:

“Signore, dammi di non temere nulla, perché tutto ciò che succederà non sarà che la tua volontà! Signore, dammi di non desiderare nulla, perché niente è più desiderabile che la tua sola volontà.

Che importa nella vita? La tua volontà importa.

Dammi di non sgomentarmi di nulla, perché in tutto è la tua volontà. Dammi di non esaltarmi di nulla, perché tutto è tua volontà”.

Chiara Lubich

domenica 6 marzo 2011

Parola di vita di marzo

Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto“.

Anche a noi, come a Maria, Dio vuole svelare quanto ha pensato su ciascuno di noi, vuol farci conoscere la nostra vera identità. “Vuoi che io faccia di te e della tua vita un capolavoro? – sembra dirci – Segui la strada che ti indico e diverrai chi da sempre sei nel mio cuore. Io, infatti, da tutta l’eternità ti ho pensato ed amato, ho pronunciato il tuo nome. Dicendoti la mia volontà rivelo il tuo vero io”.

Ecco allora che la sua volontà non è un’imposizione che ci coarta, ma lo svelamento del suo amore per noi, del suo progetto su di noi; ed è sublime come Dio stesso, affascinante ed estasiante come il suo volto: è Lui stesso che si dona. La volontà di Dio è un filo d’oro, una divina trama che tesse tutta la nostra vita terrena e oltre; va dall’eternità all’eternità: nella mente di Dio dapprima, su questa terra dopo, ed infine in Paradiso.

Ma, perché il disegno di Dio si compia in pienezza Dio chiede il mio, il tuo assenso, come lo ha chiesto a Maria. Solo così si realizza la parola che ha pronunciato su di me, su di te. Allora anche noi, come Maria, siamo chiamati a dire:

Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto“.

Certamente la sua volontà non ci è sempre chiara. Come Maria anche noi dovremo domandare luce per capire quello che Dio vuole. Occorre ascoltare bene la sua voce dentro di noi, in piena sincerità, consigliandoci se occorre con chi può aiutarci. Ma una volta compresa la sua volontà subito vogliamo dirgli di sì. Se, infatti, abbiamo capito che la sua volontà è quanto di più grande e di più bello possa esserci nella nostra vita, non ci rassegneremo a “dover” fare la volontà di Dio, ma saremo contenti di “poter” fare la volontà di Dio, di poter seguire il suo progetto, così che avvenga quello che Lui ha pensato per noi. E’ il meglio che possiamo fare, la cosa più intelligente.

Le parole di Maria – “Eccomi, sono la serva del Signore” – sono dunque la nostra risposta d’amore all’amore di Dio. Esse ci mantengono sempre rivolti a Lui, in ascolto, in obbedienza, con l’unico desiderio di compiere il suo volere per essere come Lui ci vuole.

A volte tuttavia quello che Lui ci chiede può apparirci assurdo. Ci sembrerebbe meglio fare diversamente, vorremmo essere noi a prendere in mano la nostra vita. Ci verrebbe addirittura voglia di consigliare Dio, di dirgli noi come fare e come non fare. Ma se credo che Dio è amore e mi fido di Lui, so che quanto predispone nella mia vita e nella vita di quanti mi sono accanto è per il mio bene, per il loro bene. Allora mi consegno a Lui, mi abbandono con piena fiducia alla sua volontà e la voglio con tutto me stesso, fino ad essere uno con essa, sapendo che accogliere la sua volontà è accogliere Lui, abbracciare Lui, nutrirsi di Lui.

Nulla, lo dobbiamo credere, succede a caso. Nessun avvenimento gioioso, indifferente o doloroso, nessun incontro, nessuna situazione di famiglia, di lavoro, di scuola, nessuna condizione di salute fisica o morale è senza senso. Ma ogni cosa – avvenimenti, situazioni, persone – è portatrice di un messaggio da parte di Dio, ogni cosa contribuisce al compimento del disegno di Dio, che scopriremo a poco a poco, giorno per giorno, facendo come Maria, la volontà di Dio.

Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto“.

Come vivere allora questa Parola? Il nostro sì alla Parola di Dio significa concretamente fare bene, per intero, ogni momento, quell’azione che la volontà di Dio ci chiede. Essere tutti lì in quell’opera, eliminando ogni altra cosa, perdendo pensieri, desideri, ricordi, azioni che riguardano altro.

Di fronte ad ogni volontà di Dio dolorosa, gioiosa, indifferente, possiamo ripetere: “avvenga di me quello che hai detto”, oppure, come ci ha insegnato Gesù nel “Padre nostro”: “sia fatta la tua volontà”. Diciamolo prima di ogni nostra azione: “avvenga”, “sia fatta”. E compiremo attimo dopo attimo, tassello per tassello, il meraviglioso, unico e irrepetibile mosaico della nostra vita che il Signore da sempre ha pensato per ciascuno di noi.

Chiara Lubich


[1] Parola di vita, dicembre 2002, pubblicata per intero in Città Nuova, 2002/22, p.7.

sabato 5 febbraio 2011

Parola di vita di febbraio

"Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio".(Rm 8,14)

Questa Parola è nel cuore dell’inno che Paolo canta alla bellezza della vita cristiana, alla sua novità e libertà, frutto del battesimo e della fede in Gesù che ci innestano pienamente in lui, e per lui nel dinamismo della vita trinitaria. Diventando una persona sola con Cristo, ne condividiamo lo Spirito e tutti i suoi frutti, primo fra ogni altro la figliolanza di Dio.

Anche se Paolo parla di “adozione” , lo fa soltanto per distinguerla dalla posizione di figlio naturale che compete solo all’unico Figlio di Dio. La nostra non è una relazione col Padre puramente giuridica come sarebbe quella di figli adottivi, ma qualcosa di sostanziale, che muta la nostra stessa natura, come per una nuova nascita. Perché tutta la nostra vita viene animata da un principio nuovo, da uno spirito nuovo che è lo stesso Spirito di Dio.

E non si finirebbe più di cantare, con Paolo, il miracolo di morte e resurrezione che opera in noi la grazia del battesimo.

“Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio”.

Questa Parola ci dice qualcosa che ha a che fare con la nostra vita di cristiani, nella quale lo Spirito di Gesù introduce un dinamismo, una tensione che Paolo condensa nella contrapposizione fra carne e spirito, intendendo per carne l’uomo intero (corpo e anima) con tutta la sua costituzionale fragilità e il suo egoismo continuamente in lotta con la legge dell’amore, anzi con l’Amore stesso che è stato riversato nei nostri cuori .

Coloro infatti che sono guidati dallo Spirito, devono affrontare ogni giorno il “buon combattimento della fede” per poter rintuzzare tutte le inclinazioni al male e vivere secondo la fede professata nel battesimo.

Ma come?

Si sa che, perché lo Spirito Santo agisca, occorre la nostra corrispondenza, e san Paolo, scrivendo questa Parola, pensava soprattutto a quel dovere dei seguaci di Cristo, che è proprio il rinnegamento di sé, la lotta contro l’egoismo nelle sue forme più svariate.

Ma è questa morte a noi stessi che produce vita, così che ogni taglio, ogni potatura, ogni no al nostro io egoistico è sorgente di luce nuova, di pace, di gioia, di amore, di libertà interiore; è porta aperta allo Spirito.
Rendendo più libero lo Spirito Santo che è nei nostri cuori, egli potrà elargirci con più abbondanza i suoi doni, e potrà guidarci nel cammino della vita.

“Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio”.

Come vivere allora questa Parola?

Dobbiamo anzitutto renderci sempre più coscienti della presenza dello Spirito Santo in noi: portiamo nel nostro intimo un tesoro immenso; ma non ce ne rendiamo abbastanza conto. Possediamo una ricchezza straordinaria; ma resta per lo più inutilizzata.
Poi, affinché la sua voce sia da noi sentita e seguita, dobbiamo dire di no a tutto ciò che è contro la volontà di Dio e dire di sì a tutto il suo volere: no alle tentazioni, tagliando corto con le relative suggestioni; sì ai compiti che Dio ci ha affidato; sì all’amore verso tutti i prossimi; sì alle prove e alle difficoltà che incontriamo…
Se così faremo lo Spirito Santo ci guiderà dando alla nostra vita cristiana quel sapore, quel vigore, quel mordente, quella luminosità, che non può non avere se è autentica.
Allora anche chi è vicino a noi s’accorgerà che non siamo solo figli della nostra famiglia umana, ma figli di Dio.

Chiara Lubich

martedì 11 gennaio 2011

Parola di vita di gennaio

"La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune". (At. 4.32)


Gennaio 2011



Anche quest’anno dal 18 al 25 gennaio in molte parti del mondo si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, mentre in altre si celebra a Pentecoste.
Come ricordiamo, Chiara Lubich soleva commentare il versetto biblico scelto via via per tale occasione.
Quest’anno la frase biblica per la Settimana di preghiera è. “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera”(At 2,42). Per la riflessione e la vita proponiamo un testo di Chiara del 1994 scritto a commento del passo degli Atti 4,32.


"La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune"

Questa Parola presenta uno di quei quadretti letterari (vedi anche 2,42; 5,12-16), nei quali l'autore degli Atti degli Apostoli ci fa conoscere a grandi linee la prima comunità cristiana di Gerusalemme. Questa vi appare caratterizzata da una straordinaria freschezza e dinamismo spirituale, dalla preghiera e dalla testimonianza, soprattutto da una grande unità, la nota che Gesù aveva voluto come contrassegno inconfondibile e sorgente della fecondità della sua Chiesa.
Lo Spirito Santo, che viene donato nel Battesimo a tutti coloro che accolgono la parola di Gesù, essendo spirito di amore e di unità, faceva di tutti i credenti una cosa sola con il Risorto e tra di loro superando tutte le differenze di razza, di cultura e di classe sociale.

"La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune".

Ma vediamo più dettagliatamente gli aspetti di questa unità.
Lo Spirito Santo operava innanzitutto fra i credenti l'unità dei cuori e delle menti, aiutandoli a superare quei sentimenti che la rendono difficile, nella dinamica della comunione fraterna.
L'ostacolo più grande infatti all'unità è il nostro individualismo; è l'attaccamento alle nostre idee, vedute e gusti personali. E' col nostro egoismo che si costruiscono le barriere con cui ci isoliamo ed escludiamo chi è diverso da noi.

"La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune".

L'unità operata dallo Spirito Santo, poi, si rifletteva necessariamente sulla vita dei credenti. L'unità di mente e di cuore s'incarnava e si manifestava in una solidarietà concreta, attraverso la condivisione dei propri beni con i fratelli e le sorelle che erano in necessità. Appunto perché era autentica, non tollerava che nella comunità alcuni vivessero nell'abbondanza, mentre altri erano privi del necessario.

"La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune".

Come vivremo allora la Parola di vita di questo mese? Essa sottolinea la comunione e l'unità tanto raccomandata da Gesù e per realizzare la quale Egli ci ha donato il suo Spirito.
Cercheremo dunque, ascoltando la voce dello Spirito Santo, di crescere in questa comunione a tutti i livelli. Innanzitutto a livello spirituale, superando i germi di divisione che portiamo dentro di noi. Sarebbe, ad esempio, un controsenso voler essere uniti a Gesù e nello stesso tempo essere divisi fra di noi comportandoci individualisticamente, camminando ciascuno per proprio conto, giudicandoci e magari escludendoci. Occorre, dunque, una rinnovata conversione a Dio che ci vuole uniti.
Questa Parola, inoltre, ci aiuterà a capire sempre meglio la contraddizione che esiste tra fede cristiana ed uso egoistico dei beni materiali. Ci aiuterà a realizzare un'autentica solidarietà con quanti sono nel bisogno, pur nei limiti delle nostre possibilità.
Trovandoci poi nel mese in cui si celebra la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, questa Parola ci spingerà a pregare ed a rafforzare i nostri legami di unità e amore di condivisione con i nostri fratelli e sorelle appartenenti alle varie Chiese, con i quali abbiamo in comune l'unica fede e l'unico spirito di Cristo, ricevuto nel Battesimo.

Chiara Lubich
Parola di vita, gennaio 1994, pubblicata in Città Nuova, 1993/24, p34-35.